[158] A. Jacquemart nel 1869 (A. JACQUEMART, Les merveilles de la ceramique. L’Occident. Temps moderne, Paris, Hachette, 1869, pp. 230-231) lo dice della collezione Reynolds; ne verrà pubblicata l’immagine da W.Chaffers nel 1924 (W. CHAFFERS, The New Ceramic Gallery, London, Davy, 1924 (II ed., I ed. 1871), p. 116, fig. 86). G. Reitlinger (G. REITLINGER, The Economy of Taste, London, Barrie & Rokliff, 1963, II, p. 166) ci dice che la scoperta della porcellana Baroni in Inghilterra era stata opera della grande collezionista inglese, Lady Charlotte Schreiber. Il vaso Reynolds è molto simile a due pezzi conservati a Palazzo Madama a Torino. Un altro pezzo simile appartiene al Musèe Ariana di Ginevra. Di alta qualità formale sono anche i vasi «grandi con piedistallo e sirena» (denominazione che possiamo dedurre dall’Inventario del 1815), anch’essi prodotti sia in porcellana che in terraglia e che talvolta recano la marca «G. B. Nove». Se ne conservano al museo Civico di Torino (2567/C, 3276/C) e una bellissima coppia al Museo Gianetti di Saronno (cfr. MOTTOLA MOLFINO, L’arte della porcellana cit., I, fig. 289; L. MELEGATI, Porcellane italiane ed europee, in Ceramiche della collezione Gianetti, a cura di L. Brambilla Bruni, L. Melegati, L. Zenone Padula, II, Saronno, Bazzi, 2000, pp. 206-207). Le colte scene figurate di storia o mitologia classica sono dipinte in ‘stile Marcon’ (G. ERICANI, Bassano del Grappa, in La ceramica a Bassano e Nove cit., pp. 36-37; MOTTOLA MOLFINO, L’arte della porcellana cit., tavv. XXXIV e XXXV; STRINGA, Il Museo della ceramica cit., p. 330, n. 38).

[159]  Incontriamo questa sigla sotto un tazzina al Museo Gianetti di Saronno n. inv. 132 (MELEGATI, Porcellane italiane cit., pp. 202-203), e al Museo Civico di Torino (n. inv. 212/C). A questi si può avvicinare un nucleo stilisticamente coerente come le tazzine anch’esse a Saronno decorate con scene di vita romana marcate «Fabbrica Giovanni Baroni Nove». Vedi MOTTOLA MOLFINO, L’arte della porcellana cit., n. 287; MELEGATI, Porcellane italiane cit., pp. 208-209, nn. 92-138). Altri esempi coerenti sono pubblicati da MORAZZONI, LEVY, Le porcellane italiane, Milano, Gorlich, 1960, tavv. 124-125. Questo pittore dipingeva anche cineserie filtrate da nuova eleganza come quella visibili su vasi del Museo di Torino (invv. 2610/C; 2611/C).

[160]  Nove, Archivio Fabbrica Barettoni, Inventario Baroni, 1815. Ringrazio il sig. Ludovico Barettoni per avermene concesso la consultazione.  

[161] CORONA, Italia Ceramica cit., p.115.  

[162] RIZZI, I Cecchetto cit., pp. 105-106.  

[163]  Il Toffanin impianta nel 1812 anche una propria manifattura di Majolica in località Boscaglie e la affida al figlio Giovanni. Vedi RIZZI, I Cecchetto cit., pp. 69, 116-117, n. 12.  

[164]  Prospetto delle manifatture e degli oggetti d’arte della Provincia vicentina esposti nella Camera di Commercio Arti e Manifatture nella Sala Bernarda in Vicenza l’anno 1816, Vicenza, B. Paroni, 1816, p. 17; cit. da STRINGA 1978, p.37  

[165] E’ bello osservare che lascia in eredità dei campi a Giovanni Battista Antonibon «per quella sempre buona e cara amicizia». Vedi RIZZI, I Cecchetto cit., doc. p. 106.  

[166] RIZZI, I Cecchetto cit., p. 115.  

[167] Appendici. Documenti in La ceramica nel Veneto cit., p. 446.  

[168]  Alcuni portano la marca del Toffanin o di «Bortolo Bernardi» (un ex dipendente di Antonibon che rileva la manifattura di Ca’ Boina del Roberti nel 1819): vedi STRINGA, Il Museo della ceramica cit., pp.50, 75, nn.163, 167, pp.104-105, nn.197-198.  

[169] Lo testimonia il piatto con l’allegoria dell’Estate che appartiene alle collezioni civiche bassanesi. R. AUSENDA, Nove, in La ceramica dell’Ottocento cit., p. 84.  

[170]
 Prima Mostra dei prodotti primitivi del suolo della industria e belle arti della provincia vicentina, Vicenza, eredi Paroni, 1855, pp.105-106.  

[171]  Per le ceramiche popolari vedi: G. CESURA, Il piatto popolare veneto cit., e CESURA, Piatti popolari veneti cit.; F. RIGON, Ceramica popolare vicentina dell’Ottocento. La collezione della Banca popolare di Vicenza, Milano, Skira, 2005 e loro bibliografie.  

[172]  I loro pezzi portano spesso marche impresse: le più comuni sono la scritta orizzontale «ANTONIBON /NOVE» per la prima e le due «C» addossate e intrecciate sopra «Nove» in corsivo, per la seconda.  

[173] Citato da STRINGA, Il piatto popolare, in La ceramica dell’Ottocento cit., p. 307.  

[174] AUSENDA, Nove, in La ceramica dell’Ottocento cit., p. 93.  

[175] AUSENDA, Nove cit., p. 100.  

[176]  Dopo aver comprato a Venezia una tazza da brodo in porcellana novese da un antiquario (Lady Charlotte Schreiber’s Journals cit., p. 14), decide di recarsi a Nove. Lady Charlotte Schreiber (1812-1895) era un’appassionata collezionista di ceramiche, metalli, ventagli e stampe. La sua collezione è entrata a far parte delle raccolte museali londinesi: parte al Vicotoria and Albert Museum e parte al British Museum (Vedi REITLINGER, The Economy cit., II, p. 166; Eatwell 1995, pp. 130 e ss.).  

[177] Questo gli disse che «la manifattura di porcellane ebbe inizio a Nove con Pasquale Antonibon (1763) e raggiunse la sua massima eccellenza alla fine del secolo, sotto Baroni declinò e si concluse l’affittanza. Dalla chiusura di Baroni fino ad oggi (1869) non è stata più prodotta porcellana a Nove». Lady Charlotte Schreiber's journals, cit., pp.80-85.  

[178]  L’intero racconto della visita novese di Lady Charlotte Schreiber sarà presto pubblicato sul «Notiziario degli Amici dei musei e dei monumenti di Bassano del Grappa».  

[179] STECCO, Storia delle Nove cit., pp. 198-199.  

[180]  Questa nuova tavolozza «con più di 40 gradazioni» arriva a Doccia dove si producono maioliche da esposizione con tecnica d'avanguardia nel 1867. R. AUSENDA, Il Risorgimento della maiolica fiorentina, in Il Risorgimento della maiolica italiana: Ginori e Cantagalli, a cura di L. Frescobaldi Malenchini e O. Rucellai, Firenze, Polistampa, 2011, pp. 43-70.  

[181] Su Pasquale Antonibon vedi AUSENDA, Nove cit., pp. 86-88.  

[182] STECCO, Storia delle Nove cit., pp. 284-290; Calò 1941.  

[183]  In manifattura sono ancor oggi conservati stampi di solenni opere e su alcuni è inciso il nome del modellatore (Minghetti, Bortotti e Lorenzoni). Vedi L. RIZZI, A. COMACCHIO, Dal negativo al positivo. Storia di tre modellatori, Bassano del Grappa, Editrice artistica Bassano, 2001.  

[184] «Illustrazione Popolare Artistica dell’Esposizione di Venezia, Venezia», n. 17, 4 settembre 1887, p. 1.  

[185]
 Industria ceramica II, «L’esposizione regionale veneta. Giornale illustrato», 10 settembre 1871, p. 10.  

[186] E’conservato alla Galleria nazionale di Oslo. Forse l’acquisto era avvenuto all’Esposizione di Parigi del 1878.  

[187]  Vicenza all’esposizione Nazionale di Milano 1881. Note illustrative della Camera di commercio ed arti della provincia di Vicenza, Vicenza, G. Longo, 1881, pp. 23-25.  

[188] AUSENDA, Nove cit., pp. 93-95. I pezzi esposti in quell’occasione appartengono ancor’oggi alle raccolte di Palazzo Madama. Tra le opere del Viero certamente la più celebre è l’inginocchiatoio che riporta l’Immacolata del Tiepolo, donato dalla diocesi di Vicenza al Papa, conservato nei Musei Vaticani. AUSENDA, Nove cit., ill. p. 44.  

[189] «Provincia di Vicenza» 25 settembre 1890.  

[190]  Sono elencate ben 109 voci: vasellame per la tavola, chichere e chicheroni «uso inglese», sortù centrotavola, anitre da minestra, calamai ad urna e a leone e poca majolica decorata «uso Antonibon». Seguono i due nuclei più caratteristici: terraglie «con le pitture uso Monticello» (20 voci), «a fiori» a «figura» «a paesaggio», e «delle pitture di Antonibon» (40 voci) tra cui sono citate, ad esempio, chichere «a spugna», «a penello»... «scodelle col nome». Segue il registro dei lavoranti dal 1875 al 1878 in cui incontriamo i pittori la cui fama è ancor oggi viva in paese: Francesco, Olinto e Demetrio Primon, Pietro Righetto, Luigi Dal Prà (ARCHIVIO FABBRICA CECCHETTO. Lavori, ms.) e poi Giovanni Comacchio, detto “Nano Gatto”.  

[191] CORONA, Italia Ceramica cit., p. 123.  

[192] Per i Cecchetto vedi RIZZI, I Cecchetto cit.  

[193] AUSENDA, Nove cit., p. 85.  

[194]
 AUSENDA, Nove cit., p. 92.  

[195] Le Esposizioni Riunite di Milano 1894, Milano, Sonzogno, 1895, p. 37.  

[196]  Nei documenti conservati presso l’archivio della fabbrica Dal Prà, il socio di Giuseppe Dal Prà, è Domenico Agostinelli, marito di Erminia Dal Prà.  

[197] In CORONA, Il Veneto cit., p. 385. Una decina d’anni dopo il cronista della «Gazzetta di Venezia» racconta: «Trovammo una fabbrichetta minuscola, dove lavoravano otto o dieci operai a produrre vasi fiorati, conche di fiori, scarpette, porta gingilli….» (Industrie bassanesi, «Gazzetta di Venezia», 12 agosto 1894).  

[198] L’Italie industrielle et artistique a Paris 1900. Exposition Universelle, Milano, Capriolo & Massimino, 1900, p. 468.  

[199]
 CORONA, Il Veneto cit., p. 385.

[200] Prima esposizione internazionale d’arte decorativa moderna, Catalogo generale, Torino, s. e., 1902. 

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