[133] Abbiamo già incontrato il nome di questo ceramista tra i giovani allevati alle Nove e, nelle carte del 1765, attivo, con il fratello, a Padova. La storia della famiglia Baccin è al centro del volume di Mauro Stecco del 1928, vedi pp. 186 e ss.  

[134]  STECCO, Storia delle Nove cit., p. 187; BARONI, Le ceramiche di Nove cit., p.2 32; STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 42; RIZZI, I Cecchetto cit., p. 63.  

[135] Richiesta di esenzione fiscale di Ippolita Marinoni: ASV, V Savi Mercanzia, b. 390; STRINGA, La ceramica di Angarano cit., pp. 57-62.  

[136] STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 63.  

[137] STECCO, Storia delle Nove cit., p. 188.  

[138] STECCO, Storia delle Nove cit., p. 190; RIZZI, I Cecchetto cit., p. 122.  

[139] STECCO, Storia delle Nove cit., p. 194.  

[140] RIZZI, I Cecchetto cit., p. 122.  

[141]  Certamente il veneziano Geminiano Cozzi produceva molte più maioliche di quelle che gli vengono attribuite oggi ed i fuggitivi novesi vi trovavano calda accoglienza.  

[142] Cfr. AUSENDA, in La ceramica degli Antonibon cit., pp. 95-96, nn.111-112.  

[143]  Si tratta di una fattura, firmata da Gio Maria Baccin, del 1790 di un «Fornimento di Majoliche in Pinta uso Porcellana dipinta sul Cotto ultimo stampo a gruppette sparse con spigolo blò» ad una famiglia di Marostica che la possedeva ancora (pubblicata in BARONI), Le ceramiche di Nove cit., 1932, pp. 190. Interessante notare che quello che viene qui chiamato l’«ultimo stampo» è solitamente considerato tipico di Cozzi.  

[144] BASEGGIO, Comentario cit., p. 14; STECCO, Storia delle Nove cit., pp. 189 e ss.  

[145] STRINGA, La ceramica di Angarano cit., p. 100, nn. 147-148, tav. 61.  

[146] AUSENDA, in La ceramica degli Antonibon cit., pp. 118-119, nn. 164-165.  

[147]  Ad oggi non conosciamo la relazione parentale tra il pittore Pietro, citato da Baseggio nel 1861, e Gio Batta Poatto. Troviamo «Giovanni Battista Poatto di Trieste» ancora dieci anni dopo andare (da Venezia) a Pescolanciano per tentare, senza successo, l’avvio di una manifattura di maioliche: F. BATTISTELLA, La fabbrica di terraglie “all’uso d’Inghilterra”, maioliche e porcellane del Duca Pasquale d’Alessandro a Pescolanciano, «Atti del XXII Convegno Internazionale della Ceramica di Albisola», XXII (1992), pp. 47-67.  

[148] RIZZI, I Cecchetto cit., p. 63.  

[149]  A conferma della considerazione raggiunta, nel 1788, in un libretto di Segreti della manifattura Dallari di Sassuolo, è citata tra le altre la ricetta della porcellana di Nove (e diverse formule per la «buona porcellana» di Varion). LIVERANI, I Dallari cit., App., s. p.  

[150] MOTTOLA MOLFINO, L’arte della porcellana cit., n. 290; ERICANI, in La ceramica degli Antonibon cit., pp. 163-164, n. 240.  

[151] ERICANI, in La ceramica degli Antonibon cit., pp. 162-163.  

[152] Forse Pietro Girari, come ipotizza l’Ericani (ERICANI, in La ceramica degli Antonibon cit., p. 167, n. 248).  

[153] STECCO, Storia delle Nove cit., p. 193.  

[154] Inv. C68 a-1951; ERICANI, in La ceramica degli Antonibon cit., p. 151, n. 226.

[155] Museo dell’Istituto d’Arte di Nove (n. inv. Dan 5/f).  

[156] BARONI, Le ceramiche di Nove cit., p. 224.

[157]  Dalla lettura di alcune pagine di un «vecchio registro di spedizioni pubblicate da Baroni» allora conservato dal prof. Silvio Righetto a Nove, in elenchi del 1797/8 si leggeva: «chichare e cantaretti, a tre fioretti verdi, a tre fioretti colori, alla greca, a terrapien colori, a festoncini e cadenella, alboretti colori, bianche e oro; a cornucopia, zuccariere a ma stelletta», e «chicare dipinte a figure rappresentanti la Armata Austriaca» , le più costose (BARONI, Le ceramiche di Nove cit., pp. 284-285). 

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