Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Sono ben note la vastità e la complessità geomorfologica del bacino montano del fiume Brenta, caratterizzato in primo luogo dalla presenza della grande faglia della Valsugana. Presa origine dal lago di Caldonazzo, la Brenta raccoglie infatti, nel lungo tratto di circa 70 chilometri a nord di Bassano, le acque che scendono copiose alla sua sinistra dalla catena dei Lagorai, nonché quelle delle importanti sorgenti carsiche dell’Altopiano di Asiago e del massiccio del Grappa. In sostanza, la sua rete idrografica nel tratto montano si presenta nel duplice aspetto di una fitta rete di affluenti di acque superficiali a nord e, più a sud, della emersione in pochi punti di concentrazione di acque che scaturiscono dagli abissi carsici, tra cui i più noti sono le cosiddette grotte di Oliero (Covol dei Siori e dei Veci)[5]. Il bacino reale del fiume prima della strettoia di Bassano è certamente ben più ampio dei 1567 kmq. riconosciuti, proprio per il fenomeno del carsismo che vi conduce acque sotterranee da luoghi lontani.   Va ricordato che le precipitazioni in questa vasta area sono piuttosto variabili, con punte massime verso San Martino di Castrozza e il Grappa e livelli relativamente bassi sul fondo della Valsugana: un regime pluviometrico classificato come «sublitoraneo alpino», con piovosità massima nei mesi primaverili, specie a maggio, molto alta anche in ottobre-novembre e con picchi minimi a gennaio-febbraio, quando le precipitazioni sotto forma nevosa sono perfino mediamente inferiori a quelle estive[6]. La rimarcabile conseguenza di queste particolarità del bacino montano del fiume è che la sua portata media subisce variazioni stagionali importanti, misurabili su di una scala da uno a cinque: poco più di 30 metri cubi al secondo per i primi due mesi dell’anno, oltre 90 mc/sec. a novembre, fino a 105 a giugno e addirittura 139 a maggio (media annuale circa 70 mc/sec.)[7]. Inoltre, i coefficienti di deflusso, che rendono conto anche del consistente apporto di acque sotterranee, dimostrano che nei mesi di maggio-giugno (coefficiente 1,32) e di novembre-dicembre il fiume tende chiaramente sempre a ingrossarsi. Quest’ultimo aspetto rinvia direttamente alla notevole criticità rappresentata dai momenti di piovosità eccezionale, che tendono rapidamente a trasformarsi in ondate di piena e in eventi devastanti sia per le vallate montane degli affluenti, sia per il tratto della bassa Valsugana fino a Bassano. Questa pericolosa caratteristica del fiume è dovuta anche alla rapidità di ricarica delle sorgenti carsiche proprio nel tratto che corre tra le due alte scarpate dell’Altopiano e del Grappa. E’ stato ad esempio osservato che le variazioni di portata dell’Oliero possono essere davvero rapidissime e che in meno di mezza giornata una parte consistente della pioggia caduta (probabilmente non sulla sola parte orientale dell’Altopiano[8]) è già arrivata a valle per la via degli ancora in gran parte ignoti percorsi sotterranei[9]. Ritorneremo più avanti sul discorso delle brentane e sui danni inferti a più riprese alla città; ci basti qui osservare che la portata del fiume nella piena del novembre 1966 arrivò a ben 2800 mc./sec., quando già un ordine di grandezza attorno ai 1000 mc./sec. risulta ancora oggi già segnale di un probabile pericolo di esondazione in Valstagna. Dunque, il fondo dell’imbuto mostra un regime idrico che se da un lato assicura una portata d’acqua sempre piuttosto soddisfacente, almeno per gli usi tradizionali, dall’altro diventa in particolari circostanze di difficile contenimento, se non addirittura chiaramente pericoloso. Poco prima e subito dopo avere passato la città di Bassano, il territorio attraversato dal fiume nell’alta pianura si presenta con caratteristiche differenti tra est e ovest.     Il piano alla destra idrografica della Brenta è limitato dalla linea delle colline che scendono in direzione sud-ovest verso Marostica; la sinistra idrografica si apre invece quasi immediatamente sulla vastità della pianura veneta, sia perché il fiume stesso piega leggermente verso ovest (un tempo ancora più marcatamente), sia perché i colli dell’Asolano si disegnano quasi perpendicolari al corso del fiume, che si va così allontanando decisamente dal rilievo. Naturalmente, da entrambi i lati del fiume, i depositi alluvionali ghiaiosi si vanno via via assottigliando verso sud, così che la falda freatica, dapprima piuttosto profonda e alimentata per lo più dalla dispersione in alveo delle acque del fiume, si va avvicinando al suolo fino poi ad emergere in numerose sorgenti, nella fascia cosiddetta delle risorgive, che segna il confine tra l’alta e la media pianura[10]. Poco sopra questa linea virtuale, è il fiume che comincia a drenare acqua dalla falda e, in ogni caso, l’abbondante presenza di acque di superficie non dipende più esclusivamente dall’apporto fornito dal fiume medesimo.        

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