Nessuna città desidera di tornare a vivere giorni drammatici come quelli trascorsi da appena una generazione. Questa sorte toccò a Bassano, divenuta di nuovo città simbolo appena venticinque anni dopo la prima volta. Il Ponte palladiano, il fiume, il viale che corre lungo le mura e guarda la Valsugana fiorente di olivi e giardini tornavano a essere luoghi significativi anche per la storia nazionale. Il nemico per molti era lo stesso di allora, anche se in altre vesti: la lingua era la stessa, le divise erano quelle dell’esercito nazista e delle SS, ma per venti mesi il nemico non era oltre le linee, presenza minacciosamente incombente. Era un occupante ostile, diffidente di luoghi e persone, ma alleato, per quanto insicuro, di alcuni tra gli abitanti della città, che lo aiutavano contro loro concittadini. La situazione non era chiara come nella prima guerra, italiani di qua e austrotedeschi di là: adesso c’erano possibili nemici anche fra i vicini di casa (fig.1).