Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Bassano, com’è noto e come è documentato proprio in questa nostra storia, conserva resti romani ma non è città romana; che il suo nome derivi da un fundus Bassianus, ovvero la fattoria di tale Bassus o Bassius (eredità della centuriazione romana), che la sua prima menzione, solo come “villa”, sia del 1085 e i primi documenti certi siano posteriori all’anno mille sono dati oggi comunemente accettati dalla scienza storica ma che la cultura e la coscienza cittadina bassanesi hanno recepito, e non senza contrasti, solo a partire dalla seconda metà dell’800. Anche Bassano infatti, come tante altre città del tardo medioevo e dell’età moderna, si è coscientemente costruita un “mito” fondativo delle origini fatte risalire, ovviamente, a quella antichità romana che dal Rinascimento in poi appare, ovunque, come la culla e il modello della nostra civiltà europea; del resto in tutta Europa di pari passo fioriscono quelle «genealogie incredibili» (dal titolo di un bel libro di Roberto Bizzocchi), ovvero quelle costruzioni fantastiche con cui le famiglie nobili di tutta Europa modellano, a supporto di un’egemonia e di un prestigio sociali ormai consolidati nell’Europa moderna, improbabili ascendenze classiche, greco-romane, dei loro progenitori, per lo più, com’è ovvio, ascesi a fortuna sociale e politica in età medioevale, o addirittura agli albori di quella moderna[1]. Una falsa epigrafe, volta per l’appunto a celebrare l’antichità romana della famiglia Maggi di Bassano (discendente, a suo dire, addirittura da Tito Livio) e probabilmente confezionata tra la fine del ‘400 e i primi del ‘500, accredita l’origine di Bassanum da un Bassa eroe eponimo di origine troiana (il nome invece tradisce origini tedesche con probabili contaminazioni dal turco bashà), quindi ascendenze dai Troiani, anzi addirittura dagli Euganei, ivi stanziati prima dell’arrivo a Padova di Antenore[2]. Nel 1681 il cronista Mario Sale (secondo una plausibile ipotesi di Ottone Brentari) detta un’iscrizione poi apposta alla base della statua di S. Bassiano, di Orazio Marinali, che recita senza esitazioni: ANNO URBIS AB EUGANEIS CONDITAE MMMCCCLXXXI/TROIANO BELLO AB ANTENORE AUCTAE MM DCCCLIIII [3](tav.14); è la consacrazione ufficiale (Sale è il “soprintendente all’erezione della statura”) di un “mito fondativo” già radicato da quasi due secoli a Padova, e di riflesso a Bassano, e qui agevolmente integrato nella tradizione cristiana grazie alla scelta, forse suggerita dall’eremita di San Vito Antonio Grandi, di San Bassiano (amico di Sant’Ambrogio), a patrono della città: bisognerà attendere i “lumi” eruditi di Giambattista Verci, in pieno ‘700, per una radicale, eppur sofferta cancellazione di questa storia “falsa”. Più volte ripubblicata nel ‘600 e ‘700, l’epigrafe è dannata come spuria nel 1652 dallo storico padovano Sertorio Orsato, prima accettata poi rifiutata da Verci e infine definitivamente relegata tra le false nell’800: “impostura letteraria, che non meritava neppure di essere rammentata” per Giuseppe Furlanetto, una delle tante “favole” sulle origini di Bassano per Ottone Brentari[4]. Se la storia “vera” di Bassano inizia, senz’ombra di dubbio, grazie all’erudizione e ai “lumi” di Giambattista Verci, non si possono però dimenticare, dal medioevo al pieno ‘700, tanti apporti di cronachisti, letterati e studiosi che, a vario titolo e in tanti modi, hanno accumulato tanti tasselli, a volte preziosi, per il compiuto mosaico della storia di Bassano che si verrà costruendo tra ‘700 e ‘800: li chiamo “frammenti di storia”.

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