Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

I provvedimenti adottati negli anni settanta per rilanciare il setificio della Terraferma ebbero effetti immediati: già nel 1674 il podestà di Treviso informava il Senato che a Bassano «restano usate le diligenze maggiori nel lavoro delle sete», le quali per la «ordinaria bontà loro vengono in gran parte convertite in orsogli»[88]. Nonostante la diffusione dei mulini alla bolognese, i torcitori bassanesi non riuscirono comunque a competere alla pari con i loro concorrenti del capoluogo emiliano. Uno dei più importanti mercanti di seta di Bassano, Roberto Roberti, in alcuni lunghi memoriali redatti per i Cinque Savi alla mercanzia sosteneva che negli impianti del centro pedemontano non era possibile impartire agli orsogli lo stesso grado di torsione che si applicava a Bologna, pena un aumento eccessivo di rotture dei fili e di scarti. All’origine di questa condizione di svantaggio in cui si trovavano i torcitori bassanesi erano le diverse modalità con cui avveniva la trattura. A Bologna essa era affidata a maestre esperte, che lavoravano con l’obiettivo di ottenere un filato il più possibile sottile ed omogeneo. Nella Repubblica invece il pagamento del dazio in proporzione al tempo di lavoro, un problema solo attenuato dalla riforma Cernaglia, spingeva le trattrici ed i loro padroni ad affrettarsi per ottenere quanto più prodotto possibile. Il risultato era, stando alle parole di un podestà del primo Settecento, che «le sede non vengono fabricate a perfetione, onde riescono li orsogli inferiori assai a quelli di Bologna» spuntando un prezzo di cinque o sei lire la libbra inferiore agli originali orsogli bolognesi[89]

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