Gian Maria Varanini

Maria Albina Federico

Giampietro Berti

Giuliana Ericani

Renata Del Sal

Donata M. Grandesso

Maria Luigia De Gregorio Giovanni Marcadella

Giambattista Vinco da Sesso

Giambattista Vinco da Sesso

Alessandra Magro

Carlo Presotto

Franco Scarmoncin e Lucia Verenini

Renzo Stevan e Eugenio Rigoni

Francesco Negri, nato a Bassano nel 1500 e fattosi monaco benedettino a 17 anni per sincera vocazione religiosa, fu tra i primi in Italia a sentire la suggestione della Riforma di Martin Lutero, di cui ebbe a dire: «La sua dotrina mi par una bella cosa, perché in verità è fondata tuta su la Sacra Scrittura»[14](fig.3).

 3FrancescoRobertidis

3.Francesco Roberti dis. Domenico Conte inc., Francesco Negri, acquaforte e bulino.  Bassano del Grappa, Museo Biblioteca Archivio, Inc. Bass 4505. Iconografia del poeta e trattatista Francesco Negri.

Così nel 1525 lasciò il convento di Santa Giustina di Padova per trasferirsi oltralpe. A Strasburgo in seguito si sposò con Cunegonda Fessi, da cui ebbe tre figli. Visse poi gran parte della sua vita a Chiavenna e a Tirano nel Canton dei Grigioni, con sporadici ritorni nel Veneto. Morì di peste nel 1563 a Cracovia, in Polonia, dove da un anno si era trasferito col figlio Giorgio. Dotato di solida cultura umanistica e dedito all’insegnamento delle lingue classiche, compose opere per la scuola: Rudimenta grammaticae in suorum tirunculorum usum ex auctoribus collecta (1541), una grammatica latina poi riedita nel 1555 con aggiunte e correzioni come Canones grammaticales, sive latina sintaxis, ed ancora un riassunto molto stringato dei quindici libri delle Metamorfosi di Ovidio, curiosamente scritto non in esametri ma, a volerne scorciare anche il verso, nel metro catulliano degli endecasillabi faleci, ed espressamente riservato agli studenti in erba che vogliono accostarsi alla poesia "rudibus puellis ad dulces properantibus Camenas": Ovidianae Metamorphoseos epitome (1538). La sua perizia linguistica fu messa al servizio dell’attività editoriale con la traduzione di due opere dello storico Paolo Giovio, di cui fornì di una la versione latina: Turcicarum rerum commentarius Pauli Jovii … ex Italico Latinus factus Nigro Bassianate interprete (1537) e la versione italiana di un’altra opera, che il Giovio aveva scritto in latino: Operetta dell’ambascieria de’ Moschoviti (1545). Il frutto più maturo della sua educazione umanistica fu, infine, la Rhetia sive de situ et moribus Rhetorum (1547), un poemetto didascalico in 1027 esametri, condotto secondo tutti i crismi della poetica classica, a partire dal proemio con tanto di invocazione alle Muse. Il tema trattato è la descrizione storico-geografica del Canton dei Grigioni, in cui si inseriscono varie favole mitologiche, come la lite tra l’Adda e il Lario e l’amore di Proteo per la bella ninfa Langaris. Lo si può quasi considerare un rendimento di grazie ed un omaggio al paese ospitante, di cui si ammirano costumi e istituzioni, da parte di un esule che tradisce, però, almeno in un punto, sentimenti di nostalgia per la patria lontana, quando accenna al Brenta che bagna i deliziosi campi della benigna Bassano "deliciosa rigat Bassani hinc arva benigni"[15]. Al poema è fatta seguire una piccola antologia di poesie latine del Negri, la Sylvula. Sono tredici brevi componimenti in distici elegiaci, faleci, strofe saffiche, composti durante la giovinezza, in gran parte pervasi di spirito satirico. Tuttavia la fama di Francesco Negri è fondamentalmente legata ad un’opera che esalta la sua scelta di vita: la Tragedia intitolata Libero Arbitrio. Si tratta di un testo di grande rilevanza per quanto riguarda la diffusione delle idee luterane in Italia ed anche in Europa proprio nel periodo in cui la Controriforma si manifesta in tutta la sua potenza, mentre quasi nullo è il suo valore dal punto di vista squisitamente letterario e teatrale. Per sostenere la sua adesione al Protestantesimo, infatti, egli sceglie un genere, come la tragedia, mai prima usato per la propaganda religiosa e che era riservato a ben altri argomenti. Significative sono le vicende editoriali dell’opera. La Tragedia intitolata Libero Arbitrio fu stampata per la prima volta nel 1546, senza il nome espresso dell’autore, ma con la sigla F. N. B. (per Francesco Negro Bassanese), e senza indicazione del luogo e del tipografo. Ci fu una ristampa in formato più piccolo, ma senza modifiche, nel 1547, ancor più clandestina e rara (una delle pochissime copie è posseduta dalla Biblioteca di Bassano). Poi nel 1551 (nel frontespizio della stampa, però, figura l’anno 1550), dopo che l’opera era già stata inserita nell’Indice dei libri proibiti, uscì la seconda edizione ufficiale, sottoscritta dall’autore, con poche modifiche e aggiunte al testo, ma con un’importante prefazione e una confessione finale dell’autore. Seguirono poi la traduzione in francese (1558), quella in latino dello stesso Negri (1559), e quella in inglese (senza data, ma forse del 1573). Quanto all’azione scenica, essa si svolge a Roma, da mezzodì a sera, sotto il pontificato di Paolo III, ma i personaggi sono perlopiù mere astrazioni filosofiche, bisognose addirittura di postilla esplicativa come l’Atto elicito, la Gratia de congruo e la Gratia de condigno. In breve, il re Libero Arbitrio, in accordo col papa, ha deciso di scomunicare e combattere gli eretici che si sono ribellati. San Pietro e san Paolo vengono inviati sulla terra per indagare sulla corruzione della curia e verificare la legittimità della ribellione. Alla fine, la Grazia giustificante taglia la testa al re Libero Arbitrio, ponendo termine alla disputa teologica che anima la tragedia: ossia, fuor di metafora, la dottrina riformata, che sostiene la predestinazione, trionfa sulla teoria cattolica che afferma la libertà dell’agire umano. Portano l’indicazione tipografica del 1550 anche altre due operette, scritte una in italiano, l’altra in latino, sempre legate alla sua scelta religiosa: una specie di catechismo del Protestantesimo (Brevissima somma della dottrina cristiana recitata da un fanciullo, in domanda e resposta) e un commosso ricordo di due luterani impiccati per aver predicato le loro idee (De Fanini Faventini ac Dominici Bassanensis morte, qui nuper ob Christum in Italia Rom. Pon. iussu impie occisi sunt, brevis Historia).  

Questo sito usa cookies per il proprio funzionamento (leggi qui...)